Dimentichiamo le grafiche fantasmagoriche e le luci a LED da discoteca: come possiamo capire se l’ambulanza che stiamo per acquistare sarà un buon posto di lavoro per gestire i pazienti dentro e fuori il vano sanitario?
Come ogni anno arriva Natale e… beh, ci ricordiamo che dobbiamo pianificare l’acquisto delle prossime ambulanze che finiranno il chilometraggio o gli anni di vita all’interno della convenzione 118! Certo, è anche il momento dell’anno in cui siamo molto distratti dalle luminarie, ma è proprio questo il momento in cui non dobbiamo farci prendere dalla voglia di regali, ma dobbiamo concentrarci sul miglior regalo che possiamo fare ai soccorritori della nostra associazione: un luogo di lavoro confortevole, sicuro e progettato per lavorare sul paziente senza fare fatica. Per valutare bene quanto “vale” la nostra ambulanza dovremmo smettere di guardare i tre fattori canonici (prezzo, visibilità esterna e sicurezza), e concentrarci su una triade differente: sicurezza, operabilità e durabilità.
La valutazione delle ambulanze vecchio stile
Fino a oggi – è inutile nasconderlo – la maggior parte delle associazioni valutano le ambulanze in base al prezzo. Poi in base alla personalizzazione (che è poi sempre stata una chimera: nessun allestitore produce 18 modelli di paratia laterale, ma assembla sullo stesso stampo oggetti differenti) e infine in base alla quantità di luci e strisce rifrangenti presenti per aumentare la percezione di visibilità (che non è la visibilità in sé e per sé, ma ne parleremo in un altro articolo).
I vantaggi che le vecchie ambulanze non danno
Ma è dall’inizio degli anni 2000 che esistono ricerche per rendere le ambulanze standardizzate, affinché sia possibile ottenere tre enormi vantaggi in fase di servizio. Il primo vantaggio è che con uno standard univoco, tutti i soccorritori possono operare sul mezzo di chiunque altra realtà. Il secondo vantaggio è un incremento degli standard di sicurezza. Il terzo vantaggio è la riduzione della fatica e dello stress operativo, lavorando su standard valutati in grandi dimensioni.
I nuovi allestimenti modulari permettono la massima personalizzazione, rispettando gli standard di sicurezza dell’automotive.
Le ricerche più importanti che hanno cambiato la progettazione degli interni
I nuovi concetti che guidano il design delle ambulanze sono stati studiati a partire dal 2005. Dalle prime ricerche – inglesi – si è sviluppato un percorso che ha permesso agli allestitori di avere basi solide su cui ridisegnare l’interno del vano sanitario delle proprie ambulanze, mettendo al centro proprio questi tre concetti: il soccorritore deve poter lavorare bene, avere tutti i dispositivi che servono durante la marcia a portata di mano, e mai – in nessun caso – sganciarsi e alzarsi per effettuare una manovra sul paziente. Ovviamente la sintesi di tutto ciò è la norma europea EN1789, che nella sua ultima versione ha rafforzato tutti questi concetti.
Il nuovo design italiano: il progetto MAXIMA
Poco prima del COVID-19 in Italia è stato presentato un progetto che ha rivoluzionato i sistemi di allestimento interni all’ambulanza. Lo ha realizzato la ORION Veicoli Speciali, con la nuova ambulanza MAXIMA. Si tratta di un’ambulanza costruita seguendo le linee guida dell’automotive in fatto di sicurezza e qualità, con una filosofia che non è più patient-oriented ma paramedic-oriented. Grazie all’aumento degli spazi operativi, i soccorritori possono gestire con maggiore comodità la situazione all’interno dell’ambulanza. Il paziente può essere spostato con meno problematiche, e tutti i dispositivi di primaria importanza rimangono a portata di mano sia lavorando a lato del paziente che sul sedile di testa.
I dati che hanno permesso di costruire un modello migliore
Riprogettando gli interni e mettendo al centro il soccorritore, si è compreso che i raggi di lavoro e le necessità di movimentazione sono ridotti, rispetto al passato. I nuovi sedili sono più confortevoli e sicuri, ma riducono la mobilità. Ma non è un problema, se sappiamo bene prima quali sono gli oggetti che ci servono a portata di mano. Il “reviewing of ambulanze design for Clinical efficiency and Paramedic safety”, analizzando le attività e i pareri di 1651 paramedici operativi in 38 ambulanze per oltre 16 turni a testa, ha scoperto che durante un turno, in media, vengono svolti 4.5 interventi sanitari, con un periodo operativo a bordo dell’ambulanza di 1 ora e 52 minuti. Il 29% di questo tempo è passato a operare sul paziente durante la marcia. Le attività principali svolte sono il monitoraggio del paziente, la somministrazione di ossigeno, la rilevazione dei parametri vitali (Sp02 e pressione) e la refertazione. Inoltre, le sedute usate a bordo dell’ambulanza sono principalmente due. Fra queste l’unica posizione che non comporta affaticamenti posturali al soccorritore, per operare sul paziente, è la seduta di testa. Le altre, invece, costringono la schiena dell’operatore a movimenti a volte innaturali e a rischio di infortunio.
Ottimizzare la posizione per ridurre i rischi
Infine, durante la marcia, sappiamo che su ambulanze con concetti vecchi c’è un elevato rischio di spostamento durante la marcia: l’11% dei paramedici nella ricerca inglese era costretto ad alzarsi e a spostarsi durante il trasporto per trovare i materiali utili al trattamento del paziente. Oggi possiamo evitarlo con una concentrazione dei presidi necessari in un punto facilmente accessibile, e garantendo all’operatore di avere sistemi di movimentazione dei device senza bisogno di muoversi.
Ecco perché scegliere ambulanze disegnate su principi ergonomici, e non sull’accumulo di device a bordo, è l’unico metodo per poter operare meglio sul paziente: si migliora la salute del trasportato, la sicurezza di tutto l’equipaggio e… si fa un favore alla schiena dei soccorritori.